Parrocchia S. Giovanni Bosco  -  Vasto

SCUOLA DELLA PAROLA 2018-19 - PRIMO INCONTRO 17 OTTOBRE 2018
 



VIVERE L'INCONTRO CON GESU'


"MAESTRO, DOVE DIMORI?"

 

La Parola di Dio

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,35-39)

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

 
Commento teologico-esegetico

Due dei discepoli di Giovanni “seguirono Gesù”. Il verbo "seguire" indica una precisa scelta di vita: diventare discepoli di Gesù. La scena dell’incontro con Gesù può sembrare, a prima vista, banale. La domanda di Gesù: «che cercate?» non è casuale, ma definisce i due come “gente in ricerca”. Lo indica la risposta che danno a Gesù: «Maestro, dove abiti?». Non ricorrono ai grandi titoli usati da Giovanni, perché vogliono subito stabilire con Gesù una relazione Maestro - discepolo. Per ottenere questo è necessario sapere dove abita Gesù. Per essere discepoli è indispensabile una comunione di vita. Gesù accetta la loro richiesta e dice: «Venite e vedrete». Il vedere è un indispensabile componente della formazione al discepolato.

v. 35. Il giorno dopo. Il Vangelo di Giovanni inizia con una settimana inaugurale (vedi 1,29.35.43) che forse è per l’evangelista l’equivalente dei sette giorni della creazione. Gesù inaugura la creazione nuova.

v. 36. Ecco. Giovanni il Battista non è soltanto colui che annunzia il Cristo, come i profeti; egli è colui che lo indica; indicando ai suoi discepoli colui che bisogna seguire, si eclissa. Agnello di Dio. Questo titolo di Gesù ne fa un personaggio unico nella storia. È sufficiente per i discepoli del Battista l’ascolto di questa parola per seguire Gesù. Vi riconoscono infatti un appello messianico.

v. 38. Che cercate? È la prima volta, nel Vangelo secondo Giovanni, che Gesù parla. Gesù formulerà questa domanda altre due volte, centrandola sulla sua persona, e sempre in momenti essenziali del racconto: all’inizio della Passione e quando apparirà a Maria Maddalena. Senza l’atteggiamento del cercare la fede è impossibile. I profeti e i saggi dei quali parla la Bibbia invitano con insistenza a «cercare» il Signore. Rabbi. Il quarto Vangelo dà a Gesù il titolo di Rabbi otto volte e una lo chiama Rabbuni. Si tratta di andare da Gesù per conoscere il suo insegnamento, come quando Nicodemo l’avvicina chiamandolo Rabbi. Dove abiti? L’importante non è sapere dove Gesù alloggia. La domanda essenziale suscitata fin dall’inizio del prologo è quella di sapere quale posto occupa Gesù in relazione a suo Padre. Alcuni elementi della risposta saranno dati «nell’ora in cui Gesù passa da questo mondo al Padre» (13,1).

v. 39. Venite e vedrete. Il seguito non parla del luogo ove Gesù abitava. L’essenziale di ciò che lo riguarda non è oggetto di spiegazione, anche se è data dallo stesso Gesù. Bisogna seguirlo e vederlo manifestarsi. «Venite e vedrete le opere di Dio» (Salmo 66,5). La risposta di Gesù, che sostituisce ogni argomento, sarà ripresa da Filippo (1,46) e dalla Samaritana (4,29). Le quattro del pomeriggio. Questa precisazione attesta la storicità dell'evento. Probabilmente è il ricordo di un momento decisivo, che ha segnato per sempre la vita del discepolo.

Giovanni Battista conduce i suoi discepoli all'incontro personale e alla sequela di Cristo. La fede non si trasmette per via intellettuale, ma all'interno di relazioni umane. Solo chi vive non per se stesso, ma per il Signore, potrà aiutare altri a vivere per il Signore e a liberarsi dalla volontà propria. Giovanni, indicando ai suoi discepoli Gesù quale Agnello di Dio, di fatto suggerisce loro la via da prendere e diviene attore di una relazione sacramentale. L'incontro con Giovanni guida a Cristo.

«Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Queste le parole che Gesù rivolge ai due discepoli che hanno preso a seguirlo. È una domanda importante per noi oggi. Qualità essenziale del cristiano è infatti il "quaerere Deum, cercare Dio": il cristiano è chiamato ad essere un cercatore di Dio. La domanda che Gesù pone chiede di andare a fondo del proprio desiderio, della propria ricerca e delle proprie motivazioni, per avere ben chiaro che il Gesù alla cui sequela ci si pone è l'Agnello, il Servo, il Crocifisso, «ovunque vada» (Ap 14,4), fino alla fine, alla croce, alla morte.

«Dove abiti?», o meglio, «Dove rimani?». Questa la domanda con cui i discepoli rispondono alla domanda di Gesù. Dov'è il tuo “dove”? Dove trovi saldezza e stabilità? Gesù rimane nel Padre, nella sua parola, nel suo amore. E i discepoli sono chiamati a percorrere lo stesso cammino: rimanere nella parola e nell'amore del Figlio per dimorare con Dio. La ricerca cristiana si indirizza verso una vita interiore, una dimensione profonda di comunione con il Padre e il Figlio nello Spirito. Il «dove» di Gesù è il Padre: nella sequela esso diviene anche il «dove» del discepolo: «Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo» (Gv 12,26). La fede diviene così esperienza dell'inabitazione del Signore nel credente.

La sequela di Cristo non si improvvisa mai, perché è sempre il frutto di un paziente cammino di conformazione a lui. È frutto di un incontro che nasce dalla fame dell’uomo e che dà finalmente gusto e significato alla sua vita, alla sua gioia, al suo dolore e alla sua morte. È un incontro possibile perché desiderato e programmato anzitutto da Dio stesso che “ama tutto ciò che ha creato“. L’incontro con Cristo incide nel cuore di coloro che se ne lasciano toccare una svolta indelebile che si incarna nella memoria di tutto il loro essere: “erano circa le quattro del pomeriggio“. In Gesù l'uomo trova “casa” e ha di che soddisfare la sua sete: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,38).

Nel brano proposto abbiamo sentito narrare la chiamata, da parte di Gesù, dei primi due discepoli: di Andrea e dell'”altro discepolo” (non sappiamo chi egli sia: si tratta di quello che verrà definito come “il discepolo che Gesù amava”? si tratta forse di Giovanni? Cf 21,20). Erano discepoli di Giovanni il Battista ed ora diventano i primi discepoli di Gesù di Nazaret.

Nel nostro testo lo sguardo del Battista è attratto subito dal nazareno: “fissando lo sguardo su Gesù” (v. 36). Il verbo usato indica uno sguardo intenso e penetrante, capace di andare al di là del semplice “vedere”. La missione di Gesù è un costante camminare “verso” Gerusalemme. A Giovanni allora non resta, con grande umiltà e verità, che ribadire questa sua testimonianza ai suoi discepoli: “Ecco l’agnello di Dio” (v. 35). I discepoli “sentendolo parlare così seguirono Gesù” (v. 37): il verbo “parlare” è espressione che implica una rivelazione. Questa rivelazione smuove i due discepoli a lasciare il loro primo maestro. “Seguirono“: è il verbo specifico per indicare il discepolato.

La reazione da parte di Gesù nei confronti dei due che iniziano a seguirlo si risolve in una domanda semplice, ma come ogni parola estremamente semplice è capace di andare all’essenziale, al cuore della realtà: “Che cercate?” (v. 38). Queste sono le prime parole di Gesù nel Quarto Vangelo. Se l’iniziativa della sequela sembra apparentemente appartenere ai due discepoli, il fatto che sia Gesù per primo a rivolgere loro la parola sta ad indicare come sia lui in verità il protagonista della chiamata. Gesù stesso lo ricorderà: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (15,16). Venendo al verbo usato “cercare” nella sacra Scrittura lo troviamo usato con accezioni vastissime: la sua radice aramaica significa sia “cercare” come “volere”. In questo caso l’equivalente della domanda posta da Gesù è: “Che cosa volete?”. In ogni caso nella Scrittura l’invito rivolto all’uomo che teme Dio è di “cercare” il “volto di Dio”, o in altre parole il dono della Sapienza (Pr 8-9). Sembrerebbe dunque che l’evangelista ponga qui un sottile, benché fortissimo, rapporto tra Gesù quale “icona di Dio” (Col 1,15) e la Sapienza dell'AT.

Alla domanda: “Che cercate?” i due discepoli rispondono anzitutto con l’appellativo di “Rabbi” (v. 38). Si tratta di un titolo onorifico che originariamente in aramaico stava a significare “Mio grande signore” (da “rab” = grande). La traduzione data dall’evangelista non è dunque fedele a livello letterario, tuttavia è un titolo che gli è molto caro: lo usa ben otto volte ma solo nella prima parte del vangelo quella denominata “Libro dei Segni” (capp. 1-12). Nella seconda parte (il “Libro della Gloria o dell'Ora, capp. 13-21”) il titolo dato a Gesù sarà più esplicitamente di fede: “Kyrios – Signore“. Vi è perciò espressa una crescita di comprensione da parte dei discepoli (cf. 13,13-14) nei confronti di colui che seguono.  Chiamandolo “rabbi” i due riconoscono ed esplicitano la loro attesa di una parola salvifica che intravedono possibile sulla labbra di Cristo, e che neppure Giovanni ha potuto loro donare. Ma se Gesù può offrire loro un tale definitivo “insegnamento” da questa sua parola non può non scaturire la sequela! 

I discepoli domandano: “Dove abiti (méneis)?” (v.38). Non è solo una curiosità geografica. La domanda sottintende tutta la ricerca da parte dell’uomo, angosciato dalla sua finitudine, di trovare ciò che è “eterno” fissandovi la sua dimora. La risposta di Gesù è quasi lapidaria: “Venite e vedrete” (v. 39). Nel quarto vangelo i verbi “venire” e “vedere” sono espressioni tecniche per indicare la chiamata e l’azione del discepolo: questi deve andare a Gesù e vedere, ossia aprirsi alla sua rivelazione. È Gesù che invita ad andare a lui e si va a lui al fine di poter “vedere” ovvero accostarsi alla sua esperienza (cfr 1Gv 1,1-5).
 
I due “andarono… e restarono (“émeinan”) con lui“: è il caso di sottolineare l’insistenza tipica di Giovanni del verbo “ménein – rimanere, restare, abitare“. Esso sta a significare una strettissima comunione di vita che è riflesso di quella che sussiste anzitutto tra il Figlio e il Padre e che viene estesa, partecipata, a tutti coloro che credono in lui. Per il discepolo si tratta di un “permanere-restare” che scaturisce anzitutto da un ascolto costante della Parola: “Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se rimanete (méinete) fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli” (8,31).  Alla luce di questo comprendiamo come il discepolo non è anzitutto chiamato ad “imitare” Gesù, ma a seguirlo. Questo perché appaia chiaramente che l’opera della salvezza, la risposta al bisogno dell’uomo, è tutta sua e non nostra. A questo punto troviamo una precisazione che un po’ stupisce: “Era circa l’ora decima“, ovvero circa le quattro pomeridiane. Come mai questa precisazione cronologica? Essa sembra essere posta al fine di sottolineare che quel momento è indelebile nella memoria perché ha segnato una svolta nella vita dei discepoli.

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