Parrocchia S. Giovanni Bosco  -  Vasto

SCUOLA DELLA PAROLA 2018-19
SECONDO INCONTRO 31.10.2018

 

VIVERE L'INCONTRO CON GESU'

 

"GESU', LA PARTE BUONA"

 

La Parola di Dio


Dal Vangelo secondo Luca (10,38-42)

 
 
38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Commento teologico-esegetico
 

Il quadro che troviamo in Lc 10,38-42 presenta una scena domestica dove viene riportato un insegnamento di Gesù di grande rilevanza: il primato della parola di Dio ascoltata e predicata, senza la quale non vi è comunità cristiana. Gli altri servizi devono attingere da essa la necessaria linfa vitale.
 
Nella sua salita verso Gerusalemme, Gesù compie il cammino con tutto il suo seguito, costituito dai dodici, dai discepoli e da alcune donne (cf. Lc 8,1-3; 9,51-56). Gesù, da solo, trova ospitalità presso una famiglia: due sorelle, Marta e Maria, e il fratello Lazzaro, a Betania, nei pressi della città santa, lo accolgono in casa offrendogli cibo, alloggio e... una famiglia. Questo accadrà spesso, in particolare nella settimana prima della passione di Gesù (cf. Mc 11,11; Mt 21,17; Gv 12,1-11). Il quarto vangelo ci dà molte notizie su questi tre amici di Gesù, da lui molto amati (cf. soprattutto Gv 11,1-43). Dunque Gesù trova una casa che lo accoglie, che gli permette di gustare l’intimità dell’amicizia, del caldo clima familiare, di riposare, di avere tempo per pensare alla sua missione.
 
Entrato in casa, è accolto da Marta, una donna attiva, intraprendente, che si sente impegnata a preparargli il cibo e una tavola degna di un rabbi, di un amico. Marta qui è “tirata da tutte le parti”, indaffarata e assorbita dai servizi. Sua sorella Maria, al contrario, si mostra una donna più contemplativa, che durante la sosta di Gesù in casa ama innanzitutto ascoltarlo, mettersi ai piedi del maestro e profeta per ricevere il suo insegnamento.
 
Alla presenza di Gesù, Maria assume così la postura classica del discepolo (cf. Lc 8,35; At 22,3). La tradizione rabbinica affermava: “La tua casa sia un luogo di riunione per i sapienti; attaccati alla polvere dei loro piedi e bevi assetato le loro parole” (Mishnà, Avot I,4), ma questo compito era riservato agli uomini, non certo alle donne. Ciò sarebbe stato non solo inusuale, ma anche scandaloso, come si legge sempre nella Mishnà: “Chiunque insegni la Torah a sua figlia è come se le insegnasse cose sporche” (Sotah 3,4). Maria compie pertanto un gesto coraggioso, audace, mostrando una forte soggettività e una profonda consapevolezza: si fa discepola, sicura che il rabbi Gesù non la respingerà, ma eserciterà il suo ministero rivolgendosi a una donna come agli uomini, accetterà di avere una discepola e non solo dei discepoli. D’altronde, Luca aveva già dato testimonianza circa le donne al seguito di Gesù (cf. Lc 8,2-3); qui però egli specifica ulteriormente: le donne non solo seguono Gesù “servendolo con i loro beni”, ma sono destinatarie del suo insegnamento, esattamente come i discepoli.
 
Ma ecco apparire il conflitto. Vedendo la sorella in ascolto ai piedi Gesù, Marta interviene indispettita, dicendogli: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Si faccia attenzione: Marta chiama Gesù Kýrios, Signore, titolo che echeggia la confessione pasquale della comunità ecclesiale nei suoi confronti (“È il Signore!”: Gv 21,7). D’altronde, secondo il quarto vangelo, Marta è colei che fa la più alta confessione di fede in Gesù, definendolo “il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo” (Gv 11,27), confessione più completa di quella di Pietro (cf. Gv 6,69). Qui però le sue parole denotano irritazione e quasi costringono Gesù a intervenire presso sua sorella Maria. In fondo Marta si sta dando da fare proprio per accogliere bene Gesù, ma il suo zelo sconfina nell’inquietudine e nella preoccupazione. Pur facendo azioni per Gesù, Marta è distratta e preoccupata, dunque divisa – come Gesù stesso le dice subito dopo –, cioè ha assunto un atteggiamento e dei sentimenti che le impediscono di ascoltare il Kýrios.
 
Gesù allora interviene, non per fare un rimprovero, ma per offrire a Marta una occasione di riflessione: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose”. Queste parole vanno capite bene e non comprese secondo un adagio che abbiamo nei nostri orecchi perché ripetuto da secoli, adagio che beatifica la vita contemplativa e le conferisce il primato su quella attiva. No! Ciò che Gesù vuole correggere in Marta, molto dolcemente, è la preoccupazione, ossia quello stato di agitazione che impedisce l’ascolto e l’accoglienza autentica di Gesù stesso. Per fare piacere a Gesù ed essergli vicina, Marta non si accorge che in realtà fa di tutto per creare ostacoli al vero rapporto con lui. I mezzi per raggiungere il fine sono per lei più importanti del fine. Agitarsi, preoccuparsi significa togliere attenzione all’altro e pensare troppo a se stessi: ci si illude di pensare agli altri, ma l’agitazione non lo permette, anzi lo impedisce.
 
Gesù, del resto, altrove ammonisce di non preoccuparsi delle parole da pronunciare per difendersi quando si è accusati a causa sua (cf. Lc 12,11), di non preoccuparsi per il cibo e il vestito (cf. Lc 12,22-29), di non lasciarsi prendere dall’agitazione per la vita, nell’attesa della venuta del Figlio dell’uomo (cf. Lc 21,34-35). Ora, nel mettere per iscritto questo episodio come tutte le altre esortazioni appena citate, è molto probabile che Luca si ispiri a quanto affermato da Paolo in 1Cor 7, quando, parlando della relazione con il Signore, l’Apostolo esorta a non essere distratti, tirati qua e là (cf. 1Cor 7,35), né preoccupati, divisi (cf. 1Cor 7,32.34). Questo ammonimento vale dunque per Marta come per ciascuno di noi!
 
Sia dunque chiaro: Gesù non condanna Marta perché lavora, facendo qualcosa per lui, anche perché egli amava la tavola, gioiva nel condividere buon cibo e buon vino con gli amici e le amiche, ma la mette in guardia dal lasciarsi prendere dall’affanno, fino a dimenticare la sua presenza. Occuparsi, non preoccuparsi; lavorare, non agitarsi; servire, non correre: sono attitudini umane assolutamente necessarie a ogni “buona” accoglienza!
 
Marta è il modello di coloro che accolgono il Signore, ma lo accolgono come chi pensa di poter servire il Signore e non essere servito da lui. Marta è talmente felice di accogliere Gesù da credere di dover essere lei ad accudire il Signore. Lui che aveva detto: "Io non sono venuto per essere servito, ma per servire" (Mc 10,45; cf. Lc 22,27). Sottolineando l'importanza del suo servizio, Marta in realtà presenta una figura di Gesù che di fatto rovescia l'identità stessa del Signore. Le preoccupazioni e il "chiasso" che travolgono Marta la allontanano, in definitiva, da Gesù, il Signore, che è venuto a servire, che è venuto a portare la Parola di Dio. L'unica cosa che conta è ascoltare la parola di Gesù. Di tutto questo sembra, invece, molto desiderosa Maria.
 
Ed è proprio ciò che viene evidenziato da Gesù: “Di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Gesù è la "parte buona", come meglio dovrebbe tradursi il nostro testo. Non ci sono due parti, di cui una è migliore. Ce n'è una sola. L'unica parte buona, l'unica necessaria. Cosa è veramente necessario? Cosa è determinante nel rapporto con Gesù? Una sola cosa è importante: essere suo discepolo e sua discepola, ascoltando la sua parola. Non a caso proprio Luca ci dice che addirittura la relazione di maternità di Maria nei confronti di Gesù passa in secondo piano rispetto al legame decisivo con lui, costituito dall’ascolto e dalla messa in pratica della sua parola (cf. Lc 11,27-28). Dunque, non l’utero che ha portato Gesù è beato, non chi accoglie Gesù con un pasto straordinario è beato, non chi pensa di dover fare molte cose per Gesù è beato, ma chi ascolta la sua parola e la mette in pratica!
 
Per Marta le opere sono il segno concreto dell'accoglienza e dell'amore per il Signore. Marta è convinta che le opere sono le realtà più importanti per vivere l'amore per gli altri e per Dio. Un modo di pensare analogo a quello degli ebrei, come ci mostra il fariseo che si trova a pregare insieme al pubblicano (cf. Lc 18,9-14). Ecco perchè rimprovera bonariamente Gesù chiedendogli di esortare Maria a collaborare con lei. Al contrario Maria, con la sua scelta, permette a Gesù di dare piuttosto che ricevere, di servire attraverso il servizio della Parola. Di svolgere la sua missione che consiste nel trasmettere la parola del Padre. Maria è colei che accoglie più in profondità il Signore, lasciandolo parlare, facendolo esprimere, facendo rivelare in profondità la sua vera identità di rivelatore del Padre.
 
Per noi non è facile rispettare questo primato dell’ascolto, perché pensiamo di avere molte cose da fare, molti servizi da compiere, e spesso ce li inventiamo, pur di non ascoltare le parole di Gesù. In noi, infatti, c’è ribellione alle parole di Gesù, c’è la tentazione di non ascoltarle per non osservarle, c’è la tentazione di preferire ciò che vogliamo, ciò che decidiamo, ciò di cui siamo protagonisti, piuttosto che ascoltare e obbedire. Ma non si dimentichi la grande novità di questa pagina: una donna si fa discepola di Gesù, e questa è “la porzione” di Maria che ascolta, la porzione buona che non le sarà mai tolta, perché “sua porzione è il Signore” (cf. Sal 16,5). Le donne non sono solo chiamate, come tutti i discepoli, al servizio, alla diakonía, ma innanzitutto all’ascolto: l’opposizione tra Marta e Maria rivelata da Gesù non è un’opposizione tra attività e contemplazione, ma tra non ascolto e ascolto del Signore.

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