V SETTIMANA BIBLICA ONLINE - TERZO GIORNO

      

V SETTIMANA BIBLICA ONLINE

03 AGOSTO 2023

LA PARABOLA DELLA MISERICORDIA

 

ANDARE LONTANO DALLA CASA DEL PADRE

 


 

 

Primo momento: Preghiera iniziale

 

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

 

1Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, 2e con la tua sapienza hai formato l'uomo perché dominasse sulle creature che tu hai fatto, 3e governasse il mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto, 4dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, 5perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava, uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. 6Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla… 9Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. 10Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. 11Ella infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni e mi proteggerà con la sua gloria (Sapienza 9,1-6.9-11).

 

Maria, Sede della Sapienza, prega per noi.

 

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

  

Secondo momento: La Parola di Dio

Il testo

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre” (Lc 15,11-20a).

 

Terzo momento: Commento teologico-esegetico

Lo scenario cambia radicalmente. Non si tratta più di perdere un bene, una pecora o una dramma. Ora il lettore ha davanti a sé un padre che perde un figlio. E lo perde veramente, perché questo figlio che va via non lascia il proprio paese, la propria casa per emigrare, per cercare fortuna, per farsi strada nella vita. Quella del figlio minore non è una partenza da emigrante; è un andarsene brutale che taglia radicalmente tutti i legami con il padre.

Inoltre, questo figlio che va via, prima di andarsene, chiede la sua parte di eredità. Siamo davanti ad una richiesta brutale, perchè il figlio, in tal modo, sta dicendo al padre che l’unica cosa che vuole da lui è il denaro. L'unica cosa che egli pretende dal padre è il denaro. Dal padre egli non attende altro. Non l’insegnamento, non la sapienza, non l’aiutarlo a crescere, non l’affetto, non l’imparare a vivere nel timore di Dio. Non è questo quello che il figlio chiede a suo padre, ma soldi, che rappresentano l'unico interesse che lo lega adesso a suo padre! 

A brutalità si aggiunge brutalità. Perchè il figlio non chiede al padre dei soldi, ma la sua richiesta riguarda i soldi dell’eredità, come se questo padre fosse morto. Simbolicamente il figlio sta dicendo a suo padre: "Voglio tagliare qualunque rapporto con te. Tu non mi servi più. Tu per me sei già morto! Pertanto, dammi adesso quello che mi spetterebbe dopo la tua morte!". 

Tutto si gioca tra il padre e questo figlio minore. Il più piccolo. L'altro, il figlio maggiore comparirà solo dopo. La madre non compare per niente! Questo, da un lato è normale,  perché si tratta questioni maschili. L’eredità è il padre che la dà. Ma poi, dall'altro lato, è una parabola centrata sul volto del padre, che deve rivelare il Padre che è nei cieli. Tuttavia, anche se non c’è una figura femminile in questo terzo racconto, è evidente che dietro la figura di questo padre c’è anche il volto di una madre, c’è tutta la tenerezza di una donna, che viene espressa attraverso l’amore e l'accoglienza tenera di questo padre.

Siamo in presenza di un padre che non rifiuta affatto la richiesta del figlio. Non la mette in discussione. Non cerca nemmeno di mettere il figlio in guardia dai pericoli che potrebbero derivare dalla sua scelta. Questo padre che si è sentito dire: "tu per me sei morto" è come se accettasse realmente di morire. Per comprendere appieno la scelta del padre è molto interessante andare direttamente al testo greco. Infatti, il brano lucano è molto significativo, perchè, se da un lato il figlio minore chiede di avere la sua parte delle ousia, cioè i beni, le sostanze, le ricchezze possedute dal padre, dall'altro lato il padre, accogliendo la sua richiesta, divide fra i due figli la sua bios, cioè tutta la sua vita. Il figlio vuole avere dal padre i suoi averi, il padre è disponibile a dare ciò che egli è, la sua stessa vita. Siamo davanti ad una morte simbolica, perchè, dando anticipatamente al figlio l’eredità, il padre sta accettando di dare la sua vita per suo figlio. Anzi, il padre dona la sua vita ai due figli, anche al maggiore che rimane a vivere in casa con lui. Questo aspetto sarà determinante per comprendere la parte conclusiva della narrazione.

Il ragazzo se ne va lontano da casa, sperpera le sue sostanze vivendo da dissoluto. Luca esprime il comportamento tenuto dal giovane con il termine greco asòtòs, che significa senza senso, privo di senno, senza intelligenza. Egli dilapida rapidamente i denari che aveva ricevuto dal padre. Questo figlio viene definito prodigo, che potremmo rendere con l'espressione "dalle mani bucate", perchè spende rapidamente tutti i suoi denari, riducendosi in povertà. Come dirà il figlio più grande, questo suo fratello minore ha divorato gli averi paterni con le prostitute. L’accusa del figlio maggiore è molto precisa: il figlio minore sperpera tutta l’eredità ricevuta in anticipo. Pertanto, è venuto a mancare anche l'ultimo legame che teneva insieme il padre e il figlio minore. È finito anche quest'ultimo legame e questo figlio sperimenta la morte. 

Andare lontano dal padre significa allontanarsi dalla fonte della vita. Significa avviarsi su strade che conducono alla morte. Il figlio minore ha rifiutato il padre come origine della vita e, adesso, questo rifiuto manifesta il suo più profondo significato: una scelta di morte!

Il figlio, lontano dalla casa paterna, fa questa esperienza di morte. La vita dissoluta da lui condotta non è una scelta di vita, ma di morte. I soldi finiscono, viene la carestia, e lui cade in un estremo bisogno. A questo punto il testo lucano presenta al lettore una svolta importante nella narrazione. Il testo italiano della CEI così traduce: "Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione". Ma il testo greco dice letteralmente: "Allora si attaccò ad uno degli abitanti di quella regione". Nel momento del bisogno il giovane cerca di ricostruire una nuova relazione che gli dia un po' di sicurezza e di familiarità. Lui che aveva lasciato il padre, distruggendo tutte le relazioni familiari, ora si attacca fortemente ad uno straniero! 

Ma qui, in terra straniera, non trova alcun supporto; ora ha solo un padrone che lo tratta da servo. Infatti, per sopravvivere, deve fare il servo che tiene a bada dei porci. ‘Proprio i porci’! E' il massimo degrado a cui può arrivare l'esistenza di un israelita. Infatti, in Israele il maiale è considerato l’animale impuro per eccellenza. Non solo non lo si può mangiare, ma non bisogna assolutamente toccarlo. Questo animale evoca tutta la dimensione dell’impurità, della morte, delle cose da rifiutare, che non si possono accettare. 

La separazione di questo figlio dal padre non poteva essere descritta in modo più radicale. La frattura è talmente netta che si è stabilita anche la separazione dalla propria tradizione religiosa, sociale e culturale. Fare il guardiano di porci era una cosa che un israelita non poteva fare. Questo ragazzo ha rinunciato anche all’eredità culturale e religiosa del proprio popolo. Davvero la rottura con la sua famiglia è diventata assolutamente definitiva.

Un taglio radicale alle sue radici che, tuttavia, risulta inutile, perché questo lavoro non gli consente di sopravvivere. Non ha neppure il cibo per vivere e si ritrova a guardare con invidia i porci, perché loro almeno mangiano le carrube. A lui nessuno dà da mangiare, neppure le carrube portate ai maiali. Dar da mangiare è un gesto d'amore, di attenzione, di premura verso l'altro. Questo particolare del racconto lucano ci vuole far comprendere il massimo isolamento a cui è giunto il giovane. L'apice della sua disperazione. Non ha più nessuno che abbia cura di lui, nessuno che prepari per lui un pasto, che gli dia da mangiare. Questa è l’abiezione, il punto più basso a cui ha portato il rifiuto del padre come datore di vita.

Toccato il fondo, il giovane "ritornò in sè". Ricorda la sua dignità originaria. Ricorda di essere un figlio e decide di tornare alla casa paterna, dove persino i servi stanno meglio di lui. Egli decide di tornare dal padre. Ma non torna perchè è mosso dall’amore per il padre. Questo figlio continua ancora a lasciarsi guidare dall’interesse e soprattutto continua ancora a non capire chi è suo padre. Infatti, egli decide di tornare dal padre per interesse, perché lì almeno si stava meglio, c'è da mangiare. 

E nonostante tutto, Dio si accontenta anche di questo! Il Padre si accontenta anche di questo ritorno determinato dall’interesse! Il figlio decide di ritornare per interesse. Così facendo continua a rifiutare il padre come padre. Continua a non considerarlo come un padre. La sua decisione è motivata da un solo desiderio: recuperare una vita priva di stenti. Egli ha capito, finalmente, di aver sbagliato abbandonando la casa paterna. Perché dice: Io torno da mio padre; e dirò: ho peccato contro di te e contro Dio! Ma non ha ancora capito che suo padre è un padre! 

Per lui il padre è un giudice che lo deve certamente condannare per le sue scelte sbagliate. Infatti gli dice: Io non sono degno di essere tuo figlio e allora trattami come uno dei tuoi servi! Non ha capito proprio niente! 

Continua a non considerare il padre come ‘padre’, perché un padre non può sottoporre suo figlio al giudizio e non può trattare suo figlio come un servo. Un padre, se è davvero padre, non può fare questo! Il figlio non riesce a comprendere l’amore che il padre ha per i suoi figli. Quando egli dice: Io non sono più degno d’essere chiamato figlio, non sta solo dando un giudizio su di sé e sulle sue scelte errate, ma in realtà sta dando un giudizio sul padre. Per lui il padre non è mosso dall'amore, ma è è un giudice che punisce severamente coloro che hanno sbagliato. E lui ha sbagliato!

Non ha capito che non è un padre colui che tratta un figlio come servo.

Ma se lui non è stato capace di essere figlio e non è ancora capace di riconoscere il padre come padre, tuttavia, sperimenterà il volto di un padre che continua ad essere padre e che si accontenta anche di un figlio che torna a casa, pur continuando a non capire. 

Il padre s’accontenta del ritorno di questo figlio, il quale, tuttavia, non ha ancora compreso l'amore che anima la sua azione paterna.

"Si alzò": Luca adotta qui il verbo greco anistemi, lo stesso con cui tutti i Vangeli esprimono la risurrezione di Gesù. La decisione presa dal ragazzo comporta una risurrezione, un ritorno alla vita, perchè il padre è il datore della vita.

"Tornò da suo padre": questo figlio torna a casa credendo di conoscere quale sarà la reazione del padre. Ma la logica di Dio Padre lo sconvolgerà, superando ogni precomprensione umana.

 

Quarto momento: La riflessione personale

Dedicate almeno mezzora alla vostra personale riflessione.

Traccia di riflessione: Quale rapporto abbiamo con Dio? Anche noi siamo travolti dalla logica del "do ut des"? Se Dio asseconda le nostre richieste è un Dio buono, altrimenti lo lasciamo perdere? Che significato diamo alla invocazione "sia fatta la tua volontà"? Oppure, riteniamo che sia più importante che lui faccia la nostra volontà?

 

Quinto momento: La condivisione comunitaria

Se avete deciso di vivere insieme ad altri i primi tre momenti (in modo residenziale), scambiate con loro la vostra riflessione.

Al termine della vostra condivisione, accedete al blog noiabbiamolamentedicristo.blogspot.com e inserite un commento alla scheda del giorno in modo da favorire l’arricchimento spirituale di tutti coloro che partecipano alla Settimana Biblica Online.

 

Sesto momento: Liturgia delle Ore

Siamo giunti al momento conclusivo della Giornata. Accedete al sito www.liturgiadelleore.it che vi proporrà il testo della Liturgia delle Ore corrispondenti all’ora in cui effettuate l’accesso. Sarà un momento di preghiera vissuto in comunione non solo con i partecipanti alla Settimana Biblica Online, ma con la Chiesa Universale.

Commenti

  1. Pubblico questo commento ricevuto da Maria Antonietta via WhatsApp.

    Giustamente secondo me il brano evangelico è chiamato del Padre misericordioso che a tratti rivela anche la tenerezza di una madre. È un "abba' "guidato dal vero Amore che fin dall'inizio tratta il figlio minore da adulto lasciandogli piena libertà anche erronea.-Dio ci lascia liberi- di agire. Il ragazzo dalla vita stessa si vede costretto a tornare se vuole cibarsi. Vede di avere fallito. È sorpreso dall'abbraccio del Padre che non ha mai smesso di amarlo e di nuovo si mette sulla sua strada festeggiandolo. L'ha atteso ogni giorno scrutandolo dalla finestra. E ora riavutolo è ancora pronto che maturi e riconosca l'amore e sentendosi amato ami. Diversamente il figlio maggiore che rimasto in casa fa tutto per dovere e nutre rancore ma senza amore. Perciò rimprovera il padre che amando non può non essere misericordioso. È rimasto nella legge oserei dire nel moralismo. Anche lui non intende che il Signore ama chi dona con gioia. Non credo di dire assolutamente di somigliare all'uno o all'altro, ma di vivere talvolta come il primo talaltra come il secondo asserendo che l'abitudine nella vita non ci riesce a far cogliere la novità del Vangelo e così incarnarlo.

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  2. Pubblico questa riflessione ricevuta da Michela.

    Questa parabola ci educa, ci porta a qualcosa di più grande. Ci rigenera e ci dona uno sguardo verso le cose più alte, verso le cose che non sono banali, verso le cose che cerca un cuore nuovo e nobile.
    Il figlio perduto, toccando il fondo, ha fatto un vera esperienza di deserto perché si è liberato da ciò che lo rendeva prigioniero, fa un'esperienza così profonda di umiltà che non osa nemmeno ipotizzare il perdono da parte di suo padre, conoscerà la VERA MISERICORDIA, incommensurabile del Signore. E così sarà anche per noi, questo è l'insegnamento.
    Ecco la novità: davanti alla grandezza di Dio non siamo niente, qualunque servizio siamo chiamati a svolgere non potrà essere compiuto pensando ad uno scambio, ma solo per amore. Se il Signore ci asseconda nelle nostre richieste è perché tali richieste coincidono con la sua volontà e se saremo sorpresi dalla novità con cui si realizzano i nostri desideri è perché Dio ci sta insegnando a guardare più in alto.

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    1. Cara Michela, il figlio smarrito non ha fatto esperienza di deserto ed umiltà. La ua logica rimane sempre quella dell'interesse, sia quando richiede l'eredità sia quando decide di tornare a casa. Solo interesse. Proprio questo atteggiamento utilitaristico del figlio ci fa comprendere la grandezza della logica alternativa dell'amore che muove il padre. Nonostante noi non amiamo il padre e guardiamo a lui solo per interesse, Dio Padre ci ama e ci accogie in casa come figli prediletti. e fa tutto gratuitamente, non chiedendoci nulla, nè conversione, nè pentimento, nè abbandono pieno di fiducia. Noi siamo la pecora che il pastore, e solo lui, nel suo amore, decide di ricercare e di riportare a casa, godendo dei beni offerti gratuitamente dal Padre.

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    2. Sarò breve. Anch'io come mamma > papà sto vivendo con costernazione e dolore le scelte del "figliol prodigo", seppure lui non mi abbia chiesto la sua parte di eredità, perché l'ha ricevuta prima. Scelte radicali, da lasciare esterefatti, spese inaudite per i tempi che corriamo, discussioni infinite prima e dopo essere andato via x sempre. Credendo fortemente nel Padre Misericordioso, Gli ho offerto questo figlio che sembra ingrato e che, nel tempo forse tornerà a mani vuote e dico:" Signore sia fatta la Tua Volontà"! Nonostante il cuore spezzato, lacerato ho piena Fiducia che un domani tornerà e, come il Padre > Madre di questa stupenda Parabola, lo riabbraccerò come farà anche il Nostro Dio Padre ed io con Lui diremo:"Questo Nostro Figlio era morto ed è tornato a Vivere". Ho piena fiducia nel Signore, ma nel passato anch'io ho perso l'orientamento più volte e Lui, mi stava già aspettando da tempo, per riabbracciarmi.
      Chiedo scusa a tutti, perché l' argomento mi tocca da vicino, in questi giorni, ma anche il parlarne, riflettendo con voi, mi fa ben sperare in un futuro familiare migliore!

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    3. Grazie Antonella per la tua bella e sofferta testimonianza.

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