Parrocchia S. Giovanni Bosco  -  Vasto

SCUOLA DELLA PAROLA 2018-19
NONO INCONTRO 20.02.2019

 
 

VIVERE L'INCONTRO CON GESU'

 

" LA TUA FEDE TI HA SALVATA; VA' IN PACE!"

 
 

La Parola di Dio
 

Dal Vangelo secondo Luca (7,36-50)

 
36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di' pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».

 

Commento teologico-esegetico

 

Il testo evangelico di Lc 7,36-50 ci presenta l’incontro, audace e coraggioso, di Gesù con una donna peccatrice, una prostituta: questo infatti significa l’espressione lucana «una peccatrice di quella città» (Lc 7,37). Ma se Gesù accetta con piena libertà l’incontro, che poteva anche essere imbarazzante, con quella donna, egli cerca anche di incontrare Simone, il fariseo che l’ha invitato a casa sua, il quale invece mostra diffidenza verso di lui e giudica con intransigenza la donna.

 

Gesù ha appena ricordato il giudizio che i suoi contemporanei, specialmente gli uomini religiosi, danno di lui: «È un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!» (Lc 7,34). Ed ecco che subito accetta un invito a pranzo da parte del fariseo Simone, a testimonianza di come egli non si curi dell’accusa che gli viene mossa proprio dai farisei, i quali «mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,2). Gesù desidera avvicinarsi agli uomini e alle donne in quanto tali, trascurando le etichette e abbattendo le barriere. Egli accetta gli inviti che gli vengono rivolti senza fare distinzione di persone, perché desidera annunciare a tutti la buona notizia del Vangelo. In altre parole, Gesù è capace di incontrare e accogliere tutti, proprio tutti. Nel testo lucano Gesù accetta l’invito di Simone, un fariseo, ma accetta di accogliere anche «una donna peccatrice», che entra improvvisamente nella casa in cui si svolge il banchetto ed esprime con gesti «inopportuni» il suo amore per Gesù. Gesù cerca di incontrarli entrambi, con risultati diversi. È per questo che dovremmo leggere questo brano tenendo sempre contemporaneamente presente i suoi tre protagonisti, cui alla fine si aggiungono i commensali.

 

Cerchiamo dunque di farci guidare dal testo. Gesù è invitato a pranzo in casa di Simone. Possiamo supporre che Simone voglia verificare di persona se è fondata l’opinione che la gente si è fatta di Gesù come profeta, come egli era stato acclamato dopo aver risuscitato il figlio della vedova di Nain: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo» (Lc 7,16). Gesù accetta, accoglie l'invito e si mette a tavola con lui e gli altri ospiti.

 

Ma ecco l’inatteso. Una donna, «saputo che [Gesù] si trovava nella casa del fariseo», entra. Di questa donna non si dice il nome, è una senza-nome. È una prostituta, questa è la sua identità. È così e nulla potrà mai cambiare questa realtà. Questa donna con il suo agire travalica i limiti prefissati per chi in un ricevimento voleva curiosare, e compie dei gesti «scandalosi» che turberanno lo svolgimento del banchetto. La donna non dice una parola. Fa parlare il suo corpo: e così quel corpo fino ad allora oggetto di sguardi maschili di concupiscenza e di disprezzo, diviene soggetto di gratuità e di amore. Gesù le permette di esprimersi come sa. Egli sa riconoscere e accogliere il linguaggio che la donna sa esprimere.

 

Ma sostiamo ancora sull’azione di questa donna. Essa è determinata, si espone, si preoccupa solo di raggiungere Gesù, anche se è consapevole che il fariseo e gli altri commensali la disprezzeranno ancor di più. Questa donna dà libero corso alle sue emozioni, permettendosi di essere lei, per una volta, che va a cercare qualcuno. Scoppia in lacrime, un pianto di commozione, perché un maestro e profeta non la respinge, ma le lascia manifestare la sua fede nell’amore.

 

Ma c’è di più. Il linguaggio adoperato da Luca mostra che questa donna sta vivendo il discepolato: essa sta «dietro» a Gesù (cf. Lc 9,23; 14,27) e «ai suoi piedi» (cf. Lc 10,39; At 22,3). Ecco la personalissima sequela di Gesù compiuta da questa donna, che narra bene la verità dell’assunto per cui Gesù non è venuto a «chiamare i giusti, ma i peccatori alla conversione» (Lc 5,32; cf. anche Mt 21,31). Gesù la lascia fare. Si noti che in greco «lasciar andare» è il significato letterale del verbo aphíemi, «perdonare» (utilizzato 4 volte nei vv. 47-49). Le realtà dell’amore (ciò che la donna fa a Gesù) e quella del perdono (ciò che Gesù dona alla donna) sono già ben presenti e intersecate l’una con l’altra.

 

La reazione di Simone di fronte a ciò che avviene sotto i suoi occhi è opposta a quella di Gesù. Quest’uomo non si espone apertamente, ma parla, mormora tra sé e sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Egli si protegge, giudicando scomposta e scandalosa la scena di amore che si compie davanti a lui. Simone legge la realtà secondo le categorie del puro e dell'impuro. Egli giudica la donna una peccatrice e Gesù un non profeta. La sua curiosità per questo maestro sembra finita, così come il disprezzo per questa donna è una volta di più confermato. Simone si chiude in se stesso e rischia di mancare l’incontro con Gesù.

 

Gesù si rende conto di ciò che sta avvenendo, e allora fa un passo per andare incontro anche a Simone. Con la donna era rimasto fermo, l’aveva lasciata agire; con Simone invece si muove, cerca di farlo entrare nella dinamica dell’amore e di riportarlo alla realtà con la parola, si pone sul suo piano usando il linguaggio adeguato a un maestro fariseo. E tutto questo senza giudicare in modo preconcetto, senza rimproverarlo apertamente! Il testo dice letteralmente che Gesù, «rispondendo», gli parla. Simone ha solo pensato nel suo cuore, non ha parlato, ma Gesù conosce i pensieri dei cuori (cf. Gv 2,24-25) e così manifesta di essere veramente profeta.

 

Gesù racconta una parabola che ha lo scopo di far comprendere a Simone che lui e la donna sono entrambi debitori: la donna ha un debito enorme e Simone ha un debito piccolo. Meglio, questa parabola riguarda tutti quelli che pensano di avere verso Dio un debito minimo, o di non averne affatto: chi può dire quale debito sia grande e quale piccolo? E, perché solo così ci apriamo all’amore che perdona, che rimette i debiti e i peccati (cf. Mt 6,12; Lc 11,4).

 

Poi, senza soluzione di continuità, Gesù opera il passaggio alla situazione concreta che è sotto gli occhi di Simone. Egli parla a Simone «volgendosi verso la donna». Gesù pone al suo interlocutore una domanda capitale: «Vedi questa donna?», questa qui, che ha fatto tanti gesti di amore? Perché non vedi l’amore che ha mostrato ora, e continui a vedere in lei la peccatrice, la prostituta? Perché lo sguardo che abbiamo sulle persone non sa evolvere accogliendo il cambiamento e l’evoluzione delle persone stesse? Perché siamo più attaccati al male che esse hanno fatto, al punto da non saper vedere e cogliere positivamente il bene che arrivano a mostrare? Insomma, perché Simone vede nella donna il peccato ma non l’amore e la gratitudine? Inoltre, perché non vede nel gesto di Gesù che si lascia toccare il segno della misericordia di Dio? Simone non riesce a superare le sue precostituite immagini che ha di Gesù e di Dio, della donna (cioè degli altri) e di se stesso.

 

Un uomo di Dio – il fariseo pensa – non può contaminarsi con i peccatori, ma deve accuratamente evitarli, distinguendo con precisione tra giusti e peccatori. L’incontro con Gesù segna per la donna un perdono inatteso e dunque la apre a una gratitudine sconfinata; Simone invece, credendosi giusto, resta chiuso in sé, incapace di provare stupore o gioia. In questo modo egli si preclude l’unica cosa che veramente dà senso alla vita: amare ed essere amato. Ma la posta in gioco è ancora più decisiva e, nel contempo, più sottile. Se Simone non vedesse più una prostituta ma una donna che sa amare con gratuità; e se sapesse riconoscere in Gesù un uomo di Dio che sa accogliere questo amore e dare a sua volta amore nella forma della remissione dei peccati, tutto ciò in cui ha sempre creduto verrebbe a crollare. È esattamente quello che Gesù gli chiede di fare, prendendo l’iniziativa fino alla fine di questo incontro. Egli offre innanzitutto a Simone la possibilità di convertirsi, ossia di abbattere i propri idoli e di vedere con sguardo rinnovato la realtà.

 

Colpisce lo sguardo libero di Gesù. Egli non teme i giudizi e le calunnie altrui; ma qui va oltre, esprimendo a parole l’interpretazione di ciò che è avvenuto. «Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Gli studiosi di fronte a questo versetto si chiedono se l’amore viene prima del perdono o viceversa, e ravvisano un’incongruenza tra il senso del racconto e quello della parabola pronunciata da Gesù. Ma noi di fronte al testo finale, quale lo leggiamo ora, possiamo sostenere che l’amore è nello stesso tempo causa ed effetto del perdono. Il vero problema, se mai, è quel «poco» di amore e di perdono in cui vive colui che non fa niente, ma resta tristemente chiuso in sé. È un poco che non dà senso alla vita: questo dovrebbe imparare Simone dall’incontro con la donna e con Gesù, questo dovrebbe conservare nel cuore come un seme capace di fiorire in una vita umana più degna di essere vissuta.

 

Infine Gesù dice alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». All’udire ciò, i commensali si scandalizzano e mormorano tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?»; è la reazione già mostrata da scribi e farisei, dopo la guarigione da lui operata nei confronti dell’uomo paralitico (cf. Lc 5,21), è l’atteggiamento di chi non vuole lasciarsi sconvolgere dalla manifestazione del volto del Dio misericordioso operata da Gesù. Ma egli, incurante della loro durezza di cuore, conclude, rivolgendosi ancora alla donna con parole straordinarie: «La tua fede ti ha salvata, va’ in pace!».

 

Nel rispondere a chi incontra, Gesù cerca sempre la fede presente nell’altro, come se volesse risvegliarla e farla emergere. E quando la fede è presente, può affermare: «La tua fede ti ha salvato» (Mc 5,34 e par.; 10,52; Lc 7,50; 17,19; 18,42). Nel nostro testo, in particolare, questa frase conclusiva sta sullo stesso piano della precedente: «Sono perdonati i suoi molti peccati – cioè “è salvata” –, perché ha molto amato», a dire che Gesù sa discernere una fede che è amore; sa vedere «la fede che agisce attraverso l’amore» (Gal 5,6), come dirà Paolo. Nell’incontro così umano e terreno tra Gesù e questa donna assistiamo all’evento miracoloso che può cambiare le nostre giornate: la fede-fiducia che si manifesta in un amore dato e in un amore accolto, lasciando cadere le nostre difese, le nostre corazze, i nostri pregiudizi. Ecco il vero miracolo!

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