II SETTIMANA BIBLICA ONLINE - 05 AGOSTO 2019 - PRIMO GIORNO
II
SETTIMANA BIBLICA ONLINE
05
AGOSTO 2019
IN CAMMINO
VERSO GERUSALEMME
PRIMO GIORNO
PRIMO GIORNO
Primo momento:
Preghiera iniziale
Nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
1Dio dei padri e Signore della misericordia, che tutto hai
creato con la tua parola, 2e con la tua sapienza hai formato l'uomo
perché dominasse sulle creature che tu hai fatto, 3e governasse il
mondo con santità e giustizia ed esercitasse il giudizio con animo retto, 4dammi
la sapienza, che siede accanto a te in trono, e non mi escludere dal numero dei
tuoi figli, 5perché io sono tuo schiavo e figlio della tua schiava,
uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le
leggi. 6Se qualcuno fra gli uomini fosse perfetto, privo della
sapienza che viene da te, sarebbe stimato un nulla… 9Con te è la
sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; lei
sa quel che piace ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti. 10Inviala
dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi
affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito. 11Ella
infatti tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie
azioni e mi proteggerà con la sua gloria (Sapienza 9,1-6.9-11).
Maria,
Sede della Sapienza, prega per noi.
Nel
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
SALMO 120: SIGNORE,
LIBERA LA MIA VITA.
Il testo
1 Canto delle salite.
Nella mia angoscia ho gridato al Signore
ed egli mi ha risposto.
2 Signore, libera la mia vita
dalle labbra bugiarde,
dalla lingua ingannatrice.
3 Che cosa ti darà,
come ti ripagherà,
o lingua ingannatrice?
4 Frecce acute di un prode
con braci ardenti di ginestra!
5 Ahimè, io abito straniero in Mesec,
dimoro fra le tende di Kedar!
6 Troppo tempo ho abitato
con chi detesta la pace.
7 Io sono per la pace,
ma essi, appena parlo,
sono per la guerra.
Terzo momento:
Commento teologico-esegetico
Il Salmo 120 è il primo di questi Salmi delle Ascensioni o canti di
pellegrinaggio e costituisce il punto di partenza del cammino. Ogni itinerario
conosce infatti una meta verso cui tende, ma anche un punto iniziale da cui
prende avvio. In questo Salmo ci viene ricordato che il punto di partenza è una
situazione di angoscia: «Nella mia
angoscia ho gridato al Signore», così si apre il Salmo e con esso l’intera
sezione dei Salmi graduali. I canti delle ascensioni iniziano con il Salmo 120,
in cui si avverte tutto il dolore della discordia e dell’ostilità. Infatti
questa situazione nel corso del Salmo si delinea meglio nelle sue cause: è
motivata dallo sperimentare l’estraneità di chi odia la pace e ha un
atteggiamento abitato dalla menzogna e dall’inganno.
All’inizio dei salmi graduali c’è l’esperienza del
convivere con gente che odia la pace. Per questo motivo si percepisce di
abitare in una terra d’esilio, che possiamo denominare con vari nomi: il
salmista la chiama terra di Mesed, terra di Kedar, di fatto è sempre la terra
in cui la fraternità è negata da labbra di menzogna, smentita da un cuore che
odia la pace. C’è dunque anche il dolore, insieme alla nostalgia, per una pace
negata dall’odio. Il pellegrinaggio verso Gerusalemme si configura allora
proprio come un cammino in salita verso quella pace che consiste nell’abitare
insieme come fratelli.
Il grido iniziale del salmista può essere così
tradotto: «Al Signore, in preda all’angoscia, gridai». Le prime
parole del Salmo sono “al Signore”. È importante sottolinearlo, perché nessun
altro Salmo inizia così. All’inizio del Salmo non c’è anzitutto l’esperienza
dell’angoscia, ma l’esperienza di Dio. O meglio, c’è l’esperienza di
un’angoscia però vissuta davanti a Dio, in relazione con lui. Il grido non si
perde nel vuoto; ha qualcuno a cui indirizzarsi: «a te, o Signore, in preda
all’angoscia, ho gridato».
Il vero pellegrinaggio ha inizio qui, in questo primo
versetto; o meglio, potremmo dire che in queste brevi espressioni è già
custodito il significato del cammino da percorrere, che tende già verso la sua
meta: è il Signore, il Dio della verità e della pace, il Dio che ascolta il
nostro grido e se ne prende cura. Nel nostro Salmo colui che prega è consapevole che il
suo grido può dirigersi solo a Dio. Questo è anche il senso del cammino che
egli vuole intraprendere: non semplicemente da una situazione di angoscia a una
condizione di pace o di serenità; più profondamente il cammino è dall’angoscia
a Dio. Dio è il vero traguardo verso cui camminare e verso cui tendere con
tutte le proprie forze e con tutta la propria vita.
«Egli mi ha risposto». nei momenti
difficili della nostra vita dobbiamo sempre ricordare tutte le volte in cui il
Signore è già intervenuto. Se ha risposto allora, risponderà anche adesso.
Queste sono la fede e la speranza che devono nutrire la nostra preghiera.
All’inizio c’è un grido. L’invocazione è infatti molto precisa, una richiesta di liberazione: «libera
la mia vita». “Vita” in ebraico è detto con il termine napši, che deriva dal termine nepeš (si legge nefesh), che significa “respiro”: dunque il mio respirare, il
mio essere in vita non semplicemente perché esisto o sopravvivo, ma perché
respiro, e in questo respiro c’è aria, libertà, benevolenza intorno a me. Qui
al contrario emerge il dramma di una vita a cui viene tolto il respiro, che
viene come soffocata. Dio crea l’uomo donandogli il suo respiro, la sua stessa nepeš (cf. Gen 2,7). Questo
è Dio, questa la potenza della sua Parola che dona respiro e vita. La nostra
parola, al contrario, rischia talora di togliere il respiro, dare morte, quando
è parola di menzogna, di calunnia, di disprezzo, di odio. Una parola che crea
angoscia e male, anziché essere parola di benedizione e di vita.
Nella stretta di questa situazione l’orante chiede a
Dio di essere liberato. Invoca giustizia, senza pretendere di farsi giustizia
da solo. Ciò che vorrebbe fare è espresso con una domanda – che
ti posso dare, come ripagarti, lingua ingannatrice? – ma questa
domanda è portata nella preghiera davanti al Signore e trova la sua risposta
nel versetto successivo: «Frecce acute di un prode, con carboni di
ginepro».
Nella preghiera si crea un dialogo autentico tra colui
che prega e il suo Dio. Il salmista chiede a Dio di fare giustizia: alle labbra
di menzogna e alla lingua ingannatrice dovranno corrispondere frecce acute e
carboni di ginepro. Abbiamo qui una specie di legge del taglione: occhio per
occhio, dente per dente. Come se il salmista pregasse rivolto a chi gli è
ostile e nemico: “Vorrei tanto che tu
provassi cosa si prova ad essere colpito così! Vorrei che tu fossi ferito dalle
tue stesse armi”. Infatti le frecce e i carboni infuocati di ginepro
sono immagini che nella Bibbia evocano la violenza provocata dalle parole, i
colpi duri inflitti dalla lingua (cf. Sal 64,5; Pr 16,27).
Questo linguaggio può sorprenderci, in particolare
alla luce di testi del NT sul perdono, la riconciliazione o l’amore persino per
i nemici, ma nasconde una profonda verità, anch’essa da tenere presente nella
nostra esperienza di Dio. Nella sua misericordia Dio fa comunque giustizia, e
il modo con cui egli rende giustizia a chi lo invoca è svelare il male,
portarlo alla luce, mostrando che la spirale di violenza che sempre innesca
prima o poi si ritorcerà contro chi lo compie. Chi parla con parole di inganno
rimarrà vittima delle sue stesse menzogne, chi colpisce con le frecce della
calunnia e delle parole amare subirà gli stessi colpi che infligge ad altri.
Perché se la menzogna in un primo momento può apparire vittoriosa, di fatto non
costruisce nulla, ciò che edifica è come fondato sulla sabbia, prima o poi
verrà meno. Soprattutto, chi pronuncia menzogna e calunnia, rende menzognero e
falso il proprio volto.
Come ricorda Gesù nell’evangelo secondo san Giovanni,
soltanto la verità ci rende liberi; la menzogna, illudendoci di dominare sugli
eventi o sugli altri, finisce al contrario per renderci schiavi di noi stessi e
delle nostre ingannevoli passioni.
A questo punto il salmista decide di compiere un passo
decisivo. Decide di mettersi in cammino, inizia il suo pellegrinaggio. «Troppo
io ho dimorato con chi detesta la pace» (v. 6). La mancanza di pace
che avverte non lo lascia prigioniero della propria angoscia o della propria
recriminazione, lo spinge alla ricerca, gli mette in cuore il desiderio di
salire verso una terra di pace. Ma questa decisione di farsi pellegrino assume
un significato più forte, a un pellegrinaggio più interiore dentro la propria
vita e il proprio cuore, un cammino di conversione e di trasformazione
personale. Infatti il salmista prega «io sono per la pace». Più
esattamente il testo ebraico ha semplicemente «anì shalom», “io pace”.
Non tanto “io sono per la pace”,
ma in modo molto più essenziale «io pace». Il Salmo ci suggerisce in questo
versetto una sorta di identificazione fra l’orante e la pace: io sono pace. Per camminare verso una
terra di pace occorre avere un cuore pacificato. L’itinerario spirituale
attraversa anzitutto la profondità della vita personale, la propria vita,
perché possa realizzarsi autenticamente per ciascuno questa identificazione fra
il proprio essere personale e la pace.
Il punto di partenza del pellegrinaggio è una
situazione di conflitto con gli altri, il punto di arrivo, il traguardo verso
cui tendere è la pace, identificata più radicalmente con l’esperienza di Dio
con cui si apre il Salmo: «a te o Signore». Non solo grido
verso di te nella mia preghiera, ma sempre verso di te oriento il mio cammino,
perché a te affido la mia vita. Dunque Dio è la vera meta verso cui tendere, ed
è anche il compagno di viaggio. Anche quando tutti gli altri sembrano essere
estranei o persino ostili, c’è comunque una prossimità che ci accompagna e ci
custodisce: quella del Dio vicino.
Infine, il Salmo ricorda quale condizione rende
possibile il cammino, così che non si smarrisca ma raggiunga la meta verso cui
tende: la condizione è avere un cuore pacificato; non solo cercare la pace, non
solo costruire la pace, ma essere più interiormente pace, divenire pace. In sé
e per gli altri. Perché l’uomo di pace, l’uomo dal cuore pacificato, diviene
egli stesso sorgente di pace; è un pacificatore, irradia pace attorno a sé.
Quarto momento: La
riflessione personale
Dedicate
almeno mezzora alla vostra personale riflessione.
Traccia di
riflessione:
La nostra vita è costellata da confitti, tensioni, divisioni, discordie con
coloro che sono attorno a noi? Come li viviamo? In questi momenti ci affidiamo
al Signore per chiedergli di aiutarci a non cadere nella spirale della violenza
e di vivere l'amore anche verso coloro che ci accusano ingiustamente? Il nostro
cuore è pacificato in Dio oppure è preda delle "guerre" del mondo?
Se
avete deciso di vivere insieme ad altri i primi tre momenti (in modo
residenziale), scambiate con loro la vostra riflessione.
Al
termine della vostra condivisione, accedete al blog
noiabbiamolamentedicristo.blogspot.com e inserite un commento alla scheda del
giorno in modo da favorire l’arricchimento spirituale di tutti coloro che
partecipano alla Settimana Biblica Online. Ricordate di firmare il vostro commento, così ci conosciamo. Grazie.
Sesto momento:
Liturgia delle Ore
Siamo
giunti al momento conclusivo della Giornata. Accedete al sito www.liturgiadelleore.it che vi
proporrà il testo della Liturgia delle Ore corrispondenti all’ora in cui
effettuate l’accesso. Sarà un momento di preghiera vissuto in comunione non
solo con i partecipanti alla Settimana Biblica Online, ma con la Chiesa
Universale.
Faccio esperienza che quando il mio cuore è pacificato tutto attorno a me diventa pace riesco a stare nella pace anche quando ci sono contrasti quando invece il mio cuore non è nella pace al posto di gridare a Dio grido contro l'uomo. Non è semplice avere lo sguardo fisso su Gesù in queste situazioni di guerra chiamiamole le così, come è suggerito oggi nella meditazione dovrei chiedere allo Spirito Santo il dono della sapienza per saper vedere come Dio vede. Mi ha colpito molto la parola "io sono pace" e la porterò oggi con me per tutta la giornata e chiederò al Signore aiuto perché si realizzi questa pace nella profondità del mio cuore e attorno a me. Grazie Giancarlo
RispondiEliminaGrazie Elia per la bella testimonianza. È importante conservare, con l'aiuto dello Spirito, un cuore pacificato in mezzo ad un mondo che ha nella cupidigia la sua norma fondamentale.
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaUna breve riflessione sulla parola di oggi.
RispondiEliminaGesù disse ai suoi discepoli:"Vi lascio la mia pace, non come quella del mondo, io la do'"
Quindi facciamo esperienza che solo Gesù può donare la pace piena.
Ogni qualvolta ci allontaniamo da Lui di conseguenza la pace viene meno.
Quando crediamo di essere autosufficienti, non facciamo altro che alimentare il malessere interiore, fino a raggiungere il baratro.
Solo avendo l'umiltà di riconoscere, che solo Dio ci può salvare dal baratro, ecco che abbiamo bisogno di gridare aiuto al Dio misericordioso di ridonarci la pace interiore
Grazie per il commento. Ti chiedo solo di firmarti, in modo che risulti personale e non anonima la tua bella riflessione.
EliminaScusa, sono Davide Criti
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